Dario Preda, Founder di Landing Pages Managera cura di Dario Preda, founder di Landing Pages Manager

Ricordate l’articoli che ho scritto tempo fa che parlava di tennis e di come applicare alcune regole per ottenere risultati -siano essi tennistici oppure lavorativi-?

Ebbene, è un po’ come per le 4P di Kotler, ne manca sempre una di regola. In quell’articolo dicevo che a volte lo strumento può aiutare a fare un salto di qualità, ma posso confermarvi una legge altrettanto banale:

“lo strumento è un mezzo non è mai il fine.”

Come circa 6 mesi fa ho confuso la mia abilità di tennista, pensando che uno strumento potesse cambiare il mio tennis, oggi vi posso confermare che Landing Pages Manager da solo non fa miracoli.

La mia nuova Babolat è utilizzata da Nadal, ma non per questo tutti coloro che utilizzano questa racchetta diventano Nadal, io meno che mai. L’amico che ho battuto 61 60 si è preso le sue rivincite.

Abbiamo, ormai, incamerato un bel po’ di esperienze con la nostra piattaforma Landing Pages Manager e, anziché parlarvi di una Case History positiva, vi parlerò della più negativa tra queste. Negativa perché, nonostante le regoline e regolette da manuale del bravo Digital Marketer, serve molto altro, soprattutto molto buon senso e molta perseveranza.

Ovviamente non posso fare nomi e cognomi, ma è lo stesso.

Circa 6 mesi fa ho presentato a un manager che conosco per amore tennistico, la nostra piattaforma Landing Pages Manager e ne è rimasto affascinato. Ha subito convocato la sua Responsabile Marketing, ha fatto realizzare dall’agenzia delle splendide Landing Page, a seguire ha indetto una riunione con la rete agenti e in quattro e quattr’otto via, siamo partiti in campagna con Google AdWords.

Il campione di 10 rivenditori è stato da subito disomogeneo, alcuni performavano buoni risultati, altri assolutamente no. Risultato: lo stesso manager entusiasta di poche settimane prima è diventato freddo e insensibile a ogni spiegazione, lusinga, analisi, sollecitazione.

Semplicemente ha detto: “Non funziona. Passiamo ad altro.”

Nello stesso periodo il nostro manager, in quanto padre, incontra nel nostro circolo tennistico un grande ex tennista. Viene convinto a cambiare circolo e ad iscrivere il figlio alla Tennis Academy. Iniziano le lezioni e vengono consegnate al figlio e a una decina di ragazzini della Scuola Tennis 10 nuove racchette di ultima generazione. Alcuni tra i giovani atleti hanno da subito ottenuto un miglioramento del loro tennis e altri nessuno, tra questi il figlio del nostro manager/amico/padre. Come pensate si sia comportato?

Nello stesso identico modo: “Questa racchetta non è adatta al tennis di mio figlio e a dir la verità nemmeno questa Academy. Anzi nemmeno il tennis è lo sport adatto a mio figlio”.
L’anno prossimo: golf.

Già nel precedente articolo avevo ricordato che:

A volte non basta…

  • allenarsi,
  • concentrarsi,
  • confrontarsi,
  • prendere lezioni.

Ebbene, oggi lo confermo ancora di più, ma come direbbe Stephen Hawking:

“Il principale nemico della conoscenza non è l’ignoranza ma l’illusione della conoscenza”

E allora qual è la soluzione? Eccola:

  • allenarsi, allenarsi, allenarsi,
  • concentrarsi, concentrarsi, concentrarsi,
  • confrontarsi, confrontarsi, confrontarsi,
  • studiare, studiare, studiare.

Solo facendo molta più fatica di tutti gli altri, solo dopo aver studiato più di tutti gli altri, solo dopo aver pensato ed essersi confrontati più di tutti gli altri, si possono raggiungere migliori risultati.

La presunzione di un mediocre tennista è la stessa di un mediocre manager, pensare che uno strumento possa risolvere i propri limiti e non essere un semplice mezzo è un’illusione.

Sfasciare racchette oppure sfasciare mentalmente e fisicamente aziende perché non si comprendono i tempi, sembra essere l’attività principale di alcuni manager o capi azienda:
Non capisco io, non capisce nessuno.